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Recensione di “ Dell’anima Falò” di Giovanna Politi.

Recensione di “ Dell’anima Falò” di Giovanna Politi. “Senza salvare i margini”.

Si racchiude in questo verso il senso unitario della silloge di Giovanna Politi “Dell’anima falò” edita dalla casa editrice Kimerik, 239 pp. (dicembre 2015). Una donna si aggira tra queste pagine, ferita, angosciata da un’atroce domanda alla quale non può trovare risposta. L’amore vissuto, che adesso attanaglia i suoi ricordi non lasciandola in pace, è stato solo un’ illusione ? Attraverso il talento della parola, Giovanna ci mette davanti alle sue emozioni, che dentro lei mettono prima piede e poi radici, sicure di aver trovato il posto giusto per farsi il nido. Questa lettura vi immergerà nel mondo interiore di questa donna, che lentamente perderete di vista, prendendo voi stessi il suo posto in questo viaggio vissuto come un “tormentato cammino” alla ricerca di quella chiave mancante che sveli finalmente una verità su ciò che è stato e non è più, e che forse la perdita dei “sensi” ha velatamente celato alla sua coscienza: “Mentre io torno piano dal fondo/ e mi perdo di nuovo nel vento/ lascio a te la mancanza/ l’assenza/ l’effimero vuoto/ e il suo atroce sgomento”. Al centro della sua poesia, c’è il ricordo caparbio di un amore struggente: “non presenza aggiunta ma essenziale”, il mistero dell’esistere delle cose quando sono proprio come le desideriamo e “viverlo e non pensare/ il perché e da quando/ che già mentre lo dico mi scompare”. Ogni lirica comincia con il “canto” di un ricordo, puntualmente interrotto nettamente, come un taglio preciso di lama, dalla fine della storia, che nel ricordo resiste: “Siamo ciò/ che hai voluto che fossimo”, “e tutto mi sta nella mente/ senza inizio/ e senza fine”.

Mi sveglio sempre sul mare/ dove la mia mente/ segretamente si scopre libera/ di poter naufragare.

I ricordi si accumulano fino a diventare “mare”, inesauribile fonte di rimuginazioni nella coscienza del giorno: “quanta vita sprecata/ nel rammentar di te”, “perché solo allora/ mi trapassavano ancora la pelle/ pungenti folate di felicità”. Le sensazioni che vivrete durante la lettura saranno altalenanti: avrete l’impressione di oscillare seduti su un pendolo impazzito, oscillante tra “mutamenti di coscienze”: gioia e dolore, passato e presente, salvezza cercata attraverso un “travaglio fertile/ in cui l’anima si nutre” e la sciagura di abitare le “prigioni dell’anima”, tra realtà sognata e sogno impossibile. Dall’inevitabile incontro:“giunsi per te a quel compromesso/ per cui vendetti il cuore”, alla necessità di un raggiungersi inconsapevole: “ignara/ cieca e incosciente/ ti cerco” , alla voglia di viversi: “come la voglia delle vele di spiegarsi al vento/ […]/ confondersi nel mare”, al desiderio come “brace nell’acqua mia”, alla bellezza della ricerca di sé stesso nell’altro “sfiorarsi l’anima/ fino a farsi male”, alla speranza di un “noi” eterno “dove i tramonti/ possiamo fissarli senza tempo/ e noi/ morirci dentro” , una “magica apnea di anime appese”…insomma un travaglio fertile di emozioni che non porterà ad una nuova nascita bensì ad una fine improvvisa. Farete l’incontro con il momento della perdita: “perdersi tra le sfumature”, mentre una voce in preghiera chiede: “l’anima mia, la senti?/lo stridere dei rulli/ che mi consumano i respiri?”. E poi la necessità di dimenticare, abituarsi al “deserto”, cedere il passo al presente “prego più volte l’oblio/ e non l’ottengo!”. Liberarsi del ricordo che diventa “malattia” “e ancora vagare nel tuo limbo/ io, col mio misero tormento”, non riuscire a dimenticare: “ritrovare ancora il tuo nome/ impresso come una maledizione”. Da certe esperienze si esce con “l’anima scardinata e appesa/ in mezzo/ che mai si decide”. E alla fine “o vivere/ o almeno raccontare”, l’esperienza sublimante della poesia lirica come narrazione del vissuto. Raccontare per salvare, fissare al foglio per poter dimenticare. E alla fine scopriamo che: “D’amore non si muore/ ma si comincia a morire”, un po’ come dire che il soffrire passa, ma l’aver sofferto non passa mai! Senza risparmiarsi nulla, nemmeno i margini, non può essere che così, l’amare!

 

Ersilia Riccitelli

 

E in un momento
nei tuoi occhi la risposta,
mi si svela quasi tutto
in un margine un po’ insolito.
Dell’essere mio fragile
sai più di quanto spero.

Giovanna Politi – da “Dell’anima falò” 2015 Casa editrice Kimerik Giovanna Politi nasce a Roma, nel novembre del 1970. Nel 1997 pubblica la sua prima raccolta poetica “Pensieri allo specchio”, e nel 2011 il suo secondo lavoro poetica “La voce del ventre”. La sua poesia “Se” ha ricevuto una menzione di merito dalla giuria del Premio “Alda Merini”, nel Maggio 2014. Nel 2015, la sua poesia “Baciami” è stata inserita nell’antologia dello stesso Premio: “Alda nel cuore”.

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