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Peschici è oggi conosciuta come apprezzabile meta turistica legata al suo mare che più volte nel corso degli anni si è conquistato la Bandiera Blu della Foundation for Environmental Education. Ma la sua storia ci parla di ben altro a partire dal 970 d.C.

Questo è un comune della provincia di Foggia con poco meno di 4500 abitanti. È parte del Parco Nazionale del Gargano e della Comunità Montana del Gargano.

Gli Schiavoni nel 970, dopo aver allontanato definitivamente i Saraceni su ordine di Ottone I, riuscirono a fondare una cittadella dal nome Pesclizio che sorgeva sulle rovine di un casale distrutto dagli stessi Saraceni.

Un documento – la chartula offertionis – del 1023 testimonia la presenza slava sul territorio. Questo documento contiene oltre alla donazione dell’Abazia di Calena anche quello dell’Abazia di Santa Maria a Mare (Isole Tremiti) appartenente all’arcivescovo Leone di Siponto. Questa carta contiene anche riferimenti alla permanenza del popolo slavo in loco e ai rapporti – a quanto si poteva leggere – eccellenti con le popolazioni locali ma non è il solo documento a riferire di tale convivenza. Un altro è datato 1053 e fu redatto da Slavi definiti come dimoranti nel castello Pesclizio.

Nel secolo successivo ed esattamente nell’anno 1154 quando Peschici si trovava sotto la dominazione normanna altri ulteriori documenti ci parlano della cittadella. Si scopre che questa era dipendente dalla contea di Lecina.

Si suppone anche che lo stesso nome della cittadina sia di origine slava per il fatto che l’etimologia della parola lo fa intendere. L’origine è pès o pèsc e questa si riferisce alla sabbia, i toponimi slavo pjèskusa e russo pèski indicano nella traduzione un suolo sabbioso e ciò ha molto a che fare con la cittadina balneare. Nel medesimo secolo Peschici passò dapprima – 1177 – sotto il feudo di Monte Sant’Angelo e sotto il dominio degli Svevi la città visse momenti drammatici a causa del fatto che il papato dopo la scomunica a Federico II voleva tenere le mani sulla città.

Nel settembre 1239 tramite scritti si allora si scopre che 25 galee veneziane furono inviate da Papa Gregorio IX contro Federico II, qui la frase tradotta:

prendono e prostrano Bestice (Peschici) e Bestie (Vieste)”.

Ciò non basta però a sfiduciare Federico II che entro breve tempo farà ricostruire le fortificazioni dei due centri.

Dopo Federico II si passa alla dominazioni Angioina e bisogna dire che la cittadina di Peschici è tra i pochi paesi fedeli a re Carlo ai tempi della venuta di Corradino di Svevia datata 1267.

Otto anni dopo la cittadina prende parte assieme a queste altre:

  1. Bari
  2. Monopoli
  3. Trani
  4. Vieste
  5. Ortona

Alla flotta pugliese attiva per l’assedio di Almissa la città della costa Dalmata.

Siamo nel 400 esattamente nel 1401 quando la dominazione passa al feudo di re Ladislao di Durazzo. Durante il dominio aragonese, la popolazione garganica sostenne i baroni contro re Alfonso parliamo del 1458 pochi anni dopo quest’ultimo occupò il Gargano – 1462 – affidandone l’amministrazione a Giorgio Castriota Scanderbeg un alleato del sovrano spagnolo.

Resta comunque sempre presente la città lagunare di Venezia in tutti questi scenari di dominio. La città marinara sappiamo che controllava tutti i traffici verso Oriente e le coste dell’Adriatico.

Si scopre da molti cartigli che tra il 1469 e il 1586 Peschici compare in 23 carte e portolani una buona parte di questi fu redatta dai geografi della Serenissima, in aggiunta ulteriori documenti testimoniano che nella cittadina tra il 1550 e il 1570 vennero costruite navi ragusee.

Dopo la guerra franco-spagnola per l’ottenimento del possesso sul regno di Napoli si ricorda la strage di Vieste datata 1554 con migliaia di vittime e pochi anni dopo – nel 1567 – vi fu l’assedio di Tremiti dove fu poi decisa la costruzione di 10 torri che percorrevano longitudinalmente la Capitanata.

Passano soli 5 anni e il numero delle torri da 10 diventa 21 e tra queste troviamo:

  1. Quella di Monte Pucci
  2. La torre chiamata dei doganieri a San Menaio
  3. E quella di Calalunga, che poi fu diroccata nel 1570.

Negli anni del 1700 una lapide venne posta sul Recinto Baronale, nel centro storico e questa attesta l’appartenenza di Peschici al principe d’Ischitella Emanuele Pinto.

Ci fu poi l’insurrezione antiborbonica e avvenne la costituzione dei carbonari in associazione. Si narranbo ancora oggi le vicende di Giuseppe Libetta che nel 1848 entra nel Parlamento nato dalla Costituzione Sabauda.

Va detto però che ll plebiscito del 1860 quasi il 40% dei peschiciani votò a favore dei Borboni.

L’isolamente del promontorio garganico si interrompe nell’anno 1865 grazie alla costruzione della strada circum garganica che è l’attuale SS 89.

Durante il ventennio fascista pur avendo Mussolini condotto delle battaglie per l’aumento della popolazione Peschici al censimento del 1936 aumenta di un terzo ma con aumenti consistenti anche dell’emigrazione.

La situazione di tale fenomeno non si arresta anche nel dopoguerra quando con la popolazione in aumento non cresce l’occupazione e il tenore di vita, ma solo il numero di emigranti.

La situazione migliora con il turismo e quindi si parla degli anni ’60.

Tornando ai fortilizi dobbiamo aggiungere che contraddistinsero la geografia architettonica del territorio innalzandosi su alte rupi a picco sul mare con le loro posizioni dominanti e panoramiche come sappiamo tali posizioni erano fortemente strategiche e funzionali all’avvistamento ed alla successiva eventuale segnalazione delle navi nemiche.

Le splendide torri hanno una base quadrangolare e hanno la forma di tronchi di piramide. Il loro accesso era dal lato dei monti e solo tramite delle scale si poteva entrare, queste erano anche retrattili e costituite da legno come materiale preferenziale, quest’ultimo venne successivamente sostituito – visto che il logorio del tempo agisce sui materiali vivi – da rampe in muratura fisse.

Le feritoie erano aperte nelle pareti laterali.

Il sistema prevedeva che ogni torre dovesse essere vista da altre due e per mandare segnali di avvistamenti in mare si utilizzavano i segnali di fumo per le ore diurne mentre per la notte di ricorreva a segnali di fuoco o ci si attrezzava con il suono di campane o corni. Queste strutture difensive erano davvero efficaci e per allertare le popolazione venivano anche inviati emissari tra la gente del posto.

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