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Foggia – Trivelle, Comitato No-Triv: ‘rispediamo al mittente propaganda che fa leva su paure dei cittadini legate a crisi economica’

Foggia – “Scagliarsi contro i movimenti che sostengono il ‘SI’” al referendum abrogativo sulle estrazioni di idrocarburi in mare, facendo leva sulle paure dei cittadini legate alla crisi economica e al terrorismo, è una forma di contropropaganda che rispediamo al mittente in modo fermo e deciso”. Questo il commento rilasciato dal Comitato provinciale referendario No-Triv ad alcuni cronisti, al termine della presentazione della ‘24esima edizione’ per promuovere le Giornate di Primavera. Un percorso promosso su iniziativa del Fondo Ambiente Italiano (FAI), ed illustrato in nella conferenza stampa tenuta il 15 marzo a Palazzo Dogana, alla presenza del Presidente della Provincia di Foggia Francesco Miglio, del Vice Presidente Rosario Cusmai, del Capo Delegazione FAI di Foggia Nico Palatella, di Loris Castriota Skanderbegh, Delegato per la Comunicazione del FAI Puglia, di Rosa Cicolella, Presidente di Promodaunia, e di Raffaele Vigilante in qualità di Presidente del Comitato provinciale No-Triv.

Parliamo di una subdola formula di pubblicità – lamenta il Comitato – basata sulla mistificazione e strumentalizzazione dei fatti. E’ inaccettabile, oltre che privo di qualsiasi fondamento di verità, quanto divulgato da alcuni organi di stampa qualche settimana fa, che associano i Movimenti No-Triv addirittura ad alcuni gruppi di estremisti. Una notizia che, fatte le dovute verifiche, si è rivelata priva di ogni fondamento. Come se non bastasse, immediatamente dopo parte una campagna mediatica, che lancia l’allarme sulla presunta perdita di migliaia di posti di lavoro in caso di vittoria del ‘SI’”.

Quanto accaduto – fa sapere la Rete dei No-Triv da Foggia – è un fatto gravissimo perché mette a rischio e vanifica lo sforzo della rete dei Comitati No-Triv teso ad informare i cittadini sul quesito referendario e le sue implicazioni. La campagna per il ‘SI’, sebbene ne sia uscita depotenziata dopo l’inammissibilità decretata dalla Corte Costituzionale rispetto ai ricorsi presentati da sei Consigli Regionali: Basilicata, Puglia, Liguria, Marche, Sardegna, Veneto, si pone ben altri e più virtuosi scopi”.

Se vince il ‘SI’ – puntualizza Raffaele Vigilante – ci sarà una politica energetica diversa in Italia. E’ inutile andare a fare passerelle alla ‘Cop 21’ di Parigi e poi dimostrare di fare il contrario. Alla Conferenza ONU sul Clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre – evidenzia Vigilante, citando il manifesto programmatico a sostegno delle ‘7 Ragioni del ‘SI’ – l’Italia, insieme con altri 194 paesi, ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, perseguendo con chiarezza e decisione l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Fermare le trivelle vuol dire essere coerenti con questo impegno”.

Oggi – prosegue il coordinatore del Movimento – l’Italia produce più del 40% della sua energia da fonti rinnovabili, con 60mila addetti tra diretti e indiretti, e una ricaduta economica di 6 miliardi di euro. In Italia il nostro Governo deve investire da subito su un modello energetico pulito, rinnovabile, distribuito e democratico, già affermato nei Paesi più avanzati del nostro Pianeta. Tutte le riserve di petrolio presenti nel mare italiano basterebbero a coprire solo 7 settimane di fabbisogno energetico, e quelle di gas appena 6 mesi. Sotto il profilo ambientale – ricorda Vigilante – l’estrazione di idrocarburi è un’attività inquinante, con un impatto rilevante sull’ambiente e sull’ecosistema marino. Anche le fasi di ricerca che utilizzano la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa), hanno effetti devastanti per l’habitat e la fauna marina. In un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un eventuale incidente sarebbe disastroso e l’intervento umano pressoché inutile. Lo conferma l’incidente del 2010 avvenuto nel Golfo del Messico alla piattaforma Deepwater Horizon che ha provocato il più grave inquinamento da petrolio mai registrato nelle acque degli Stati Uniti.

Trivellare il nostro mare – conclude – è un affare per i soli petrolieri, che in Italia trovano le condizioni economiche tra le più vantaggiose al mondo. Il ‘petrolio’ degli italiani è ben altro: bellezza, turismo, pesca, produzioni alimentari di qualità, biodiversità, innovazione industriale ed energie alternative”.

 

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